Il ritratto di donna con il pappagallo di Barbara è un potente simbolo del sé condizionato, della parte di noi che vive in un ciclo ripetitivo, guidato da schemi e pensieri che non vengono realmente elaborati ma solo ripetuti. Proprio come un pappagallo che ripete meccanicamente le parole che ha sentito, senza comprensione o consapevolezza, la nostra mente egoica agisce allo stesso modo: ripetendo costantemente le stesse reazioni, paure e convinzioni, senza mai fermarsi a metterle in discussione. Questi automatismi mentali sono radicati nelle nostre esperienze passate, nei traumi, nelle abitudini e nelle difese che abbiamo costruito nel tempo per proteggerci dalle sofferenze. Ecco perché questo pappagallo interiore diventa una prigione: ci tiene ancorati al passato, ci impedisce di evolverci, di essere veramente liberi. “E’ un io Giudicante”
La donna nel dipinto, però, non è statica. Le sue mani in movimento sono il simbolo di un cambiamento in atto, di un processo di liberazione. Le mani sono spesso considerate un simbolo di azione, di interazione con il mondo, e qui, nel contesto del dipinto, potrebbero rappresentare un tentativo di spezzare le catene del sé falso e condizionato, di muoversi verso una versione più autentica e consapevole di sé. Quella donna non si sta più arrendendo alla ripetizione delle stesse vecchie narrazioni interiori, ma sta cercando di liberarsi da esse, di risvegliarsi dal torpore che le impedisce di vivere pienamente.
Il movimento delle mani non è solo simbolico, ma implica una trasformazione attiva, un agire consapevole che interrompe la routine della ripetizione automatica. L’atto di “rompere le corde” potrebbe essere visto come il gesto di liberarsi dalle limitazioni imposte dal nostro ego e dalle sue convinzioni fisse. È un cammino verso il risveglio, un passo fuori dalla zona di comfort in cui ci troviamo prigionieri.
Il “Se” in questo contesto è molto più di una semplice domanda. È un’interrogazione radicale su come sarebbe la nostra vita se smettessimo di essere prigionieri delle nostre ripetizioni. “Se iniziassi a risvegliarmi?” suggerisce l’inizio di una riflessione sul cambiamento e sulla possibilità di agire in modo nuovo. Si tratta di una sfida a rompere il ciclo di condizionamenti che perpetuano la sofferenza e la staticità, per entrare in un agire che è più consapevole e in sintonia con il Qui e Ora. Non è solo una riflessione astratta, ma una chiamata all’azione: a guardare in faccia il nostro ego, ad affrontarlo senza paura, e ad abbracciare la libertà che arriva dal risvegliarsi dalla prigionia mentale.
Quindi, il dipinto non è solo un’osservazione passiva, ma un invito attivo a liberarsi dalle catene invisibili che ci legano, a prendere coscienza del nostro sé più autentico, che è sempre lì, ma spesso oscurato dalle ripetizioni egoiche. L’invito a risvegliarsi non è solo filosofico, è una proposta concreta: intraprendere un viaggio di trasformazione che ci conduca fuori dal ciclo senza fine di ripetizione, verso una vita più vera e libera, Dove il “Se” diventa agire consapevole.