Che cos’altro c’è da aggiungere al tragico elenco di eccessi da tutti vissuti negli anni appena trascorsi? Forse nient’altro. Abbiamo consumato tutto il consumabile con una furia da antropofagi:con troppa irruenza e con scarsa progettualità abbiamo abbattuti i “muri”. Con sospetta frettolosità abbiamo liquidato le ideologie. Con irriducibile determinazione abbiamo divelto ogni ancoraggio con la storia, e la pittura, esaurito l’ottimismo sfacciato del mercato, non è più la grande coscienza del mondo. Solo per pochi coraggiosi continua ad essere una pratica estrema. Per quei pochi infatti che non hanno più voglia di nascondersi dietro bellurie, falsi miti, vuote provocazioni, sfrontatezze senza eroismi. I gesti esemplari di chi ha messo a repentaglio la propria esistenza, vivendo passioni e tensioni senza ritorno, sono stati equivocati dai più o reinterpretati come brani di una rappresentazione vuota e accademica. Le lacrime, il sangue e lo sperma troppi li hanno acquistati già liofilizzati e consumati nel fast food della banalità quotidiana. E così le luci si sono spente su un palcoscenico da triste avanspettacolo.. Anche le mille luci di New York sono un fioco lumicino che getta ombre sinistre su una tragica solitudine. Barbara Pietrasanta di tutto questo è stata testimone, lo ha sentito sulla sua pelle, lo ha catturato con i suoi occhi voraci. Ma senza cadere in trappola, senza diventarne vittima. Con lucida determinazione, ha messo ordine nelle sue passioni, sezionando come su un tavolo di una morgue i cadaveri delle vittime del suo tempo, i misteri di un eros che non chiede più travestimenti edonistici per far esplodere le contraddizioni, per scompaginare le regole di ipocrite e perbenistiche perversioni. Nelle sue tele i gesti sono calcinati come quelli di un fregio ellenistico, i corpi sono ridotti a brandelli dalla luce gelida di un flash: vivono nel buio e solo per un attimo si rivelano nella loro dimensione visionaria. Con una pittura netta, che non induge a calligrafismi iperealistici, Barbara Pietrasanta mette in atto un gioco costante di spiazzamenti, di situazioni e di significati, di scambi di ruoli tra l’Artista che dipinge e il soggetto rappresentato, in cui solo la pittura è in una posizione di forza. Tutto il resto è messo in discussione. Barbara Pietrasanta forse, ha scelto la strada più difficile, forse la più vulnerabile. Ma l’unica lungo la quale è impossibile barare.